Spensley, l’erede dei fondatori

Questa lunga leggenda è rossa, è blu







Pensi a Spensley e, in un battito di palpebre, ti ritrovi in un’ingrigita Ponte Carrega, dietro i legni squadrati d’una porta sbilenca, a contemplarne l’aplomb da goalkeeper.

Dai calzoni al ginocchio, stretti in vita da un cinghino, un lembo della camicia deborda sul fianco: è un vezzo involontario del precursore della respinta a braccia tese in avanti, colle due mani serrate una all’altra, in quegli ambigui carnai pedatori che i giornali dell’epoca s’ostinano a chiamare “melée”.

Anche nelle maniche arrotolate al gomito sembrerebbe celarsi un non so che di lezioso. E invece no: v’è soltanto la premura di non ingiallire la biancheria colla pece greca, una polverina attaccaticcia, custodita in un cartoccio alla base del montante sinistro, cui Spensley attinge per affinare l’aderenza di palmi e avambracci sulla sfera di cuoio.

Proprio durante un break che parrebbe suggerire una nuova “imbellettatura”, però, una violenta fola­ta di tramontana spazza lo sterrato di Staglieno, disperdendone le sbavature oltre l’erba fremente a bordo campo. “O mêgo ingléize”, allora, è costretto a ripararsi volgendosi di sbieco e a corrugare gli occhi a fessura, dando la schiena ai portoghesi incappottati sull’out di destra. Tra questi, vi sono pure i più accaniti contestatori dell’ex rossoblù Bella, investito da motti di scherno dialettali che sono un aperto riferimento alla più antica professione che esista al mondo.

Spensley non comprende, ma coglie. E, tacitamente, disapprova.

Lisciandosi l’ispida barba nera, tuttavia, preferisce indugiare, e rimuginare, sul goal di Bugnion: un rimando senza pretesa alcuna, che innalzato nel cielo lattiginoso dal vento, era precipitato vorticando, dopo un volo d’una sessantina di metri, alle spalle d’un Durante vanamente proteso con un pugno incerto.

Anziché celebrare il terzo titolo nazionale consecutivo, e la conseguente conquista della Coppa Fawcus, il nostro s’avvicina così discreto, dimesso, all’inconsolabile estremo juventino. Gli dispensa un buffetto paterno e un fugace consiglio tecnico prima di eclissarsi dal clamore, adagiato al palo, tra le pagine d’un buon libro.

27 marzo 1904, finale del campionato italiano di Prima Categoria: sul campo di via Piacenza, Genoa Cricket and Football Club 1, Juventus Football Club 0.

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MATTEO FACCIO E TOMMASO PAOLI CONDUCONO

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